
Io Capitano
DURATA: 2 ore e 1 minuto
(da amica.it)
Seydou (Seydou Sarr) e Moussa (Moustapha Fall) sono cugini adolescenti nati e cresciuti a Dakar, Senegal. Orfano di padre, Seydou vive con la madre e i numerosi fratellini. Nel tempo libero insieme a Moussa crea dei piccoli rap. I due ragazzi sognano l’Europa e le classifiche musicali, «pensa quando ci chiederanno l’autografo i bianchi!». Di nascosto dagli adulti hanno raccolto una cifra sufficiente per tentare il viaggio attraverso il deserto del Sahara, tra dune e tempeste di sabbia, fino alla Libia e poi finalmente lungo il Mediterraneo…
Il loro viaggio sarà un confronto sofferto e atroce con la crudeltà (dis)umana. Non abbandoneranno mai il proprio compagno di viaggio. A Seydou viene offerta la possibilità del viaggio per mare dalla Libia a Lampedusa, a patto che si metta al timone della barca piena di profughi, altri poveri cristi e donne incinte. Lui non ha mai messo piede su una barca e non sa nemmeno nuotare. Tentennerà nell’improvvisarsi “capitano”…
Una delle opere italiane contemporanee più potenti, struggenti, dolorose e vitali. Tra realtà e sogno/incubo a occhi aperti, ci immedesimiamo nei giovani Seydou e Moussa. Assistiamo al loro romanzo di formazione/passaggio all’età adulta. Senza alcuna retorica o ricatto morale, Garrone consente allo spettatore di calarsi totalmente nell’“altro da sé”. In quei migranti dal volto bambino che in molti vedono solo come figure anonime al telegiornale o al centro di tragiche cronache quotidiane. Viviamo, soffriamo, patiamo e gioiamo con i due ragazzi protagonisti. L’Italia/miraggio la vedremo solo da lontano, un’ombra sfuocata dal mare.
Il premio per la migliore regìa a Venezia, là dove una regìa quasi “non si percepisce”, è uno dei premi più meritati di questa Mostra del Cinema. Lo sguardo cinematografico – forte e mai didascalico – di Garrone è impastato di magnifico e destabilizzante realismo magico.